Ogni anno un cittadino europeo produce tra gli 84 e i 129 kg di rifiuti di plastica, che finiscono negli oceani, nel suolo e anche nel nostro organismo. Ecco perché riciclarla è fondamentale, ma complesso: il problema principale è che esistono diversi tipi di plastica – spesso nello stesso oggetto da riciclare − e ognuno richiede un diverso processo chimico per essere scomposto in modo che sia riutilizzabile.
Un gruppo di ricercatori sembra aver trovato una soluzione: un catalizzatore a base di cobalto che riesce a trasformare diverse tipologie di plastica in un unico composto, il propano. I risultati dello studio sono stati pubblicati su JACS Au.
La plastica è fatta di macromolecole (ovvero molecole con catene molto lunghe) unite da legami di carbonio, che sono molto stabili ma difficili da rompere.
Un mix casuale. Le tecniche esistenti in grado di spezzare questi legami tendono a produrre un mix casuale di diverse molecole: queste ultime per essere riutilizzabili dovrebbero venire raffinate con procedimenti complessi. «Il problema è che non c’è modo di decidere in che punto della catena di carbonio spezzare la molecola», spiega Yuriy Román-Leshkov, uno degli autori.
Il catalizzatore testato dagli studiosi riesce a spezzare questo legame in un punto preciso: è fatto di un materiale altamente microporoso, chiamato zeolite, che contiene delle nanoparticelle di cobalto che sono in grado di spezzare in modo selettivo le macromolecole di plastica e convertirne oltre l’80{5ad30e3793f06b436efe898a9912ba89c5434876ab8cc24371437f6091f1b72d} in propano. Il propano così ricavato può essere poi utilizzato come carburante o come materia prima per la produzione di una grande varietà di materiali, tra cui anche nuova plastica.
Per ora i test sono stati condotti solo su alcuni tipi di plastica (come i diffusissimi polietilene – PET – e polipropilene – PP −), ma sarà necessario effettuare ulteriori esperimenti per capire come reagiscono al processo altre tipologie di plastica e anche per indagare il ruolo di altre sostanze spesso presenti nei rifiuti di plastica − come inchiostri, colle o etichette – e capire se e come influenzano la stabilità del processo chimico.