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Cosa Nostra, la storia dalle origini all’arresto di Matteo Messina Denaro

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Con l’arresto di Matteo Messina Denaro si è chiuso un capitolo della storia di Cosa Nostra, organizzazione mafiosa nata in Sicilia, ma che ha avuto un ruolo fondamentale nel panorama criminale italiano e internazionale per decenni. La sua storia si è sviluppata in parallelo con quella del nostro Paese, dall’Unità d’Italia al boom economico fino all’epoca delle stragi. “La mafia è un fatto umano, e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine”, ha detto in un’ormai celebre intervista Giovanni Falcone, magistrato che ha combattuto Cosa Nostra e che è stato assassinato in un attentato nel 1992. E proprio Falcone considerava la mafia un fenomeno storico, derivato da precise cause e che ha portato a precise conseguenze, da studiare e conoscere per poterlo combattere.

L'arresto di Messina Denaro
L’arresto di Matteo Messina Denaro | Carabinieri

Le origini

Non c’è una data precisa che sancisce la nascita di Cosa Nostra, ma è ormai appurato che le sue radici affondano nelle realtà agricole siciliane dell’800, prima dell’Unità d’Italia, quando i grandi feudatari siciliani affidavano la totalità o una parte dei propri terreni ai “gabellotti”. Quest’ultimi gestivano i fondi agricoli e li amministravano esercitando la propria autorità sui contadini spesso con la violenza.
Dopo l’Unità d’Italia la situazione nelle campagne siciliane era rimasta la stessa perché i grandi latifondisti erano riusciti a resistere al cambiamento mentre il neonato Stato Italiano faticava a estendere la sua autorità sul territorio siciliano.
Il termine “mafia” compare in un’inchiesta parlamentare del 1876 dei deputati Sonnino e Franchetti sulle condizioni politiche e sociali dell’isola, descrivendo i metodi brutali con cui i gruppi mafiosi mantenevano il territorio sotto il loro controllo esercitando il proprio potere e i propri interessi fuori dalla legge dello Stato.

La mafia durante il fascismo

Poco dopo la presa del potere da parte del fascismo, nel 1924 viene mandato in Sicilia il prefetto Cesare Mori con lo speciale incarico di sradicare definitivamente Cosa Nostra dal territorio dell’isola: i ruvidi metodi di Mori, non molto amati dalla popolazione siciliana, hanno portato inizialmente a dei risultati in termini di repressione del fenomeno.
Dopo alcuni arresti eclatanti di capimafia, anche i vertici di Cosa Nostra non si sentivano più al sicuro: alcuni hanno scelto di emigrare negli Stati Uniti, andando a ingrossare le file di Cosa Nostra statunitense, mentre altri sono rimasti in disparte, “congelati” in attesa di tempi migliori. Con il passare del tempo l’attività di contrasto si è però indebolita e lo stesso regime fascista è stato sempre più spesso infiltrato da personalità contigue o affiliate al sistema mafioso.

Il dopoguerra

Dopo lo sbarco degli alleati in Sicilia nel 1943 Cosa Nostra ha sfruttato l’occasione e il caos della guerra per riacquisire il suo potere, riuscendo a far nominare molti suoi uomini all’interno delle nuove amministrazioni comunali che si sono insediate al posto di quelle fasciste. Nell’immediato dopoguerra avviene uno dei più gravi episodi della storia di Cosa Nostra, ovvero la Strage di Portella della Ginestra: il primo maggio 1947 esponenti mafiosi sparano su una folla di contadini, provocando 11 morti. È il culmine delle forti tensioni sociali dovute alla questione agraria sulla proprietà dei terreni. Con l’inizio degli anni ‘50 e del boom economico, anche a causa della riforma agraria, l’attività mafiosa inizia a spostarsi dalle campagne verso le città, con grande interesse verso i grandi appalti pubblici per la costruzione di edifici e infrastrutture. Sono gli anni della grande speculazione edilizia condotta dalla mafia, non solo a Palermo ma anche in altre città siciliane. Si sviluppa fortemente anche il traffico di stupefacenti, facendo uscire Cosa Nostra dall’ambito regionale, arrivando a quello nazionale e internazionale. I proventi illeciti vengono poi riciclati attraverso rapporti con importanti settori dell’economia e della finanza.

Le guerre di mafia

All’inizio degli anni ‘60 è iniziata una prima guerra tra clan rivali, che ha suscitato clamore per la brutalità, il numero di vittime e le ritorsioni che si lascia alle spalle, e che ha portato alla prima reazione dello Stato che nel 1963 istituisce la prima Commissione Parlamentare Antimafia. Alla fine degli anni ‘60 si svolgono alcuni processi che vedono alla sbarra importanti capi di Cosa Nostra, ma che si concluderanno con condanne molto lievi o con complete assoluzioni.
All’inizio degli anni ‘80 si scatena una seconda lotta intestina che vede il clan emergente, quello dei Corleonesi di Totò Riina e Bernardo Provenzano, prendere il controllo dell’organizzazione criminale al termine di un sanguinoso sterminio dei rivali. Si arriva poi alla fase degli omicidi ‘eccellenti’, come quelli del deputato Pio La Torre, del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, personalità che in diversi modi si erano impegnate nel contrasto all’attività mafiosa.

Il pool antimafia e i pentiti

I delitti ‘eccellenti’ scuotono l’opinione pubblica e lo Stato decide di iniziare a reagire contrastando più duramente la mafia. Nel 1983 nasce il primo “pool antimafia” che riunisce i magistrati palermitani che si occupano di indagini su Cosa Nostra, tra cui Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
In questo periodo un ulteriore contributo nella lotta alla Mafia viene dai pentiti, provenienti in genere dalla file delle famiglie mafiose sconfitte dai Corleonesi, tra cui Tommaso Buscetta, che dopo l’arresto nel 1983 deciderà di iniziare a collaborare con i giudici palermitani.

Giovanni Falcone
Giovanni Falcone | Photo by Annalisa Ceolin under the license Attribution-NonCommercial-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-NC-SA 2.0)

Le stragi

Il lavoro dei magistrati palermitani porterà all’istituzione del Maxiprocesso di Palermo nel 1986, enorme processo che si concluderà definitivamente solo diversi anni dopo con una serie di durissime condanne, tra cui 19 ergastoli, inflitte a molti dei maggiori esponenti dell’organizzazione mafiosa.
Cosa Nostra ha reagito alle condanne inaugurando una nuova stagione stragista in cui hanno perso la vita i giudici Falcone e Borsellino, uccisi in due attentati insieme agli uomini che componevano le loro scorte, tra il maggio e il luglio del 1992, a cui seguiranno diversi altri attentati, fino alla metà del 1993, indirizzati a intimidire le istituzioni e l’opinione pubblica.
Si tratta di attentati che sono ancora oggi oggetto di indagini giudiziarie per una presunta trattativa segreta tra Cosa Nostra e lo Stato che si sarebbe svolta contestualmente alle stragi con l’obiettivo di porre fine al contrasto tra i due soggetti.

Gli arresti

A partire dagli anni Novanta, dopo l’arresto di Totò Riina e Leoluca Bagarella, Bernardo Provenzano è diventato il capo di Cosa nostra cambiando radicalmente la politica e il modus operandi negli affari della mafia siciliana. Provenzano ha scelto di adottare la “strategia della sommersione” per rendere Cosa nostra invisibile, limitando al massimo gli omicidi e le azioni clamorose per non destare troppo l’attenzione delle autorità e portare avanti gli affari.
Dopo una serie di arresti illustri, l’11 aprile 2006 viene arrestato anche Provenzano e l’anno dopo anche il suo presunto successore, il boss Salvatore Lo Piccolo. Negli anni successivi Cosa Nostra prova a riorganizzarsi, ma il 4 dicembre 2018 il comando dei Carabinieri del capoluogo siciliano effettua un’importante operazione chiamata “Cupola 2.0” che ha portato all’arresto di 46 persone per associazione mafiosa. Tra loro il gioielliere ottantenne Settimo Mineo, ritenuto il nuovo capo dei capi. Ora, con l’arresto dopo oltre trent’anni di latitanza del boss Matteo Messina Denaro, ultimo della ‘vecchia guardia’, si chiude un altro capitolo della storia di Cosa Nostra.

Gli uomini e le donne che hanno combattuto Cosa Nostra

Capitolo a parte va dedicato alle donne e agli uomini che hanno pagato con la vita per aver combattuto contro Cosa Nostra. Tra le tante vittime, oltre ai già citati Falcone e Borsellino, ci sono anche il giornalista Cosimo Cristina, tra i primi a parlare di mafia a fine anni ’50 quando ancora si negava il fenomeno, Peppino Impastato, conduttore radiofonico e attivista assassinato nel 1978, ed Emanuela Loi, agente di polizia che faceva parte della scorta di Paolo Borsellino.

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